Associazione Bichi Reina Leopardi Dittajuti

I Boninfanti di Mogliano

Mecenati d’arte

di Simone Settembri

 

Le vicende che hanno portato in provincia alla nascita di capolavori d’arte, spesso si intrecciano con la storia di importanti e facoltose famiglie che, ad emulazione delle grandi casate patrizie della capitale, si facevano mecenati contribuendo alla crescita culturale della collettività. Lo scopo era duplice: dimostrare la propria grandezza e lasciare un segno alle generazioni future.

I Boninfanti di Mogliano rientrano perfettamente in questo contesto; infatti, fra le casate moglianesi,  è quella che più concretamente ha patrocinato la realizzazione di grandi opere artistiche.

Tracciare la storia di questa famiglia non è semplice; con l’estinzione, nel secolo diciottesimo, del ramo moglianese [1], l’archivio privato ed i beni andarono dispersi [2]. Le notizie che la riguardano sono state ricavate dai documenti pubblici comunali e parrocchiali [3].
 
Risale al 21 aprile 1366 un atto di vendita con il quale Giovanni di Martino di Claudio, sindaco e procuratore del Castello di Mogliano, vende ad Angeluccio Boninfanti di detto Castello, un modiolo e mezzo di terra sodiva posta nel territorio di Mogliano in contrada Moliarum. Nella premessa del rogito è detto che il Comune è costretto a vendere per pagare i propri debiti [4].
 
Questa è la più antica notizia rintracciata nell’archivio storico del Comune di Mogliano.
 
Un’altra fonte di informazioni ci è data da un manoscritto del 1666, gli Annales Terrae Moliani di fra Pietro Carnili (1619? - 1688) [5] che dedica il trentunesimo capitolo a questa famiglia. Qui viene nuovamente nominato Giovanni Angeluccio [6], definito Cives Nobilis Firmi, che viene inviato dalla sua patria, Mogliano, quale ambasciatore presso il generale dei Galli, allora in Italia, perché non la saccheggiasse. Menziona poi Giovanni Domenico che, unitamente a Giovanni Conte, si reca dal Governatore della Marca anconetana, conte Giovanni Gerolamo Albani, per chiedere l’esecuzione della demolizione della rocca di Mogliano, in osservanza al Breve di Pio V del 23 marzo 1569 [7].
 
Più avanti, il Carnili cita Vincenzo Boninfanti, vissuto nel 1590 (al servizio di Sisto V [8]) e nel 1650 Laudomia, figlia di Ruggero Boninfanti, moglie di Giovanni Carnili.
Fra Pietro prosegue nella narrazione presentando alcuni aromatari o speziali di questa famiglia: Muzio, suo figlio Ludovico, civis firmanum, ed ancora Teseo, suo fratello Giacomo, Vexillifer Militiae, figli di Ruggero. E chiude nominando Battista, valente chirurgo, il quale istituì, il 23 ottobre 1619, un legato di messe per la sua anima. Questo legato venne tenuto da Giuseppe di Ludovico (di Muzio) Boninfanti. Un Domenico Boninfanti è definito in alcuni atti del 1569, 1572 e 1577: phisycus, chirugico e medicus.
 
Medico fu anche Giovanni Pietro di Giovanni Domenico che esercitò a Fermo (not. 1609) ed a Monte Fano, nel 1618 [9]. I suoi figli furono Flavio, medico come il padre, e Diego (o Didaco), dottore in legge.
Dagli appellativi con cui il Carnili si rivolge ai membri di questa famiglia, cives firmani - Cives Nobilis Firmi si comprende che costoro avevano legami stretti con la città di Fermo dove godevano, evidentemente, del grado della nobiltà. La quale cosa ci viene confermata da una serie di matrimoni con alcune fanciulle appartenenti alle più ragguardevoli casate fermane: Muzio Boninfanti sposò Marfisa Morfi, suo figlio Ludovico sposò Virginia Forti di Mogliano, quindi Vincenza Cordella e, in terze nozze, Delia Raccamadoro. Giuseppe, suo figlio, si coniugò con Margherita Raccamadoro. Inoltre emerge chiaramente che la fortuna della famiglia  è legata sia alle proprietà terriere sia alla professione di medico e speziale che prevedeva, ovviamente, la laurea. Tale attività svolsero anche nella capitale, Roma.
 
Le Cronache moglianesi e lo Stato moderno di Mogliano, scritti rispettivamente nel 1740-95 e nel 1769-70 (appendice del 1785) da Giuseppe Carnili (1721-1795), discendente dalla stessa casa del precedente fra Pietro, sono un’ulteriore fonte di informazioni sui Boninfanti. Il secondo manoscritto, che riporta le vicende delle famiglie più ragguardevoli dell’epoca, le istituzioni, le arti e i mestieri, destina il XXX capitolo ai Boninfanti. Inizia con il presentare i membri della famiglia in vita nella seconda metà del settecento: la vedova Caterina Marchetti (n. il 14 settembre 1702, figlia di Giovanni Tommaso e Maddalena Latini, e sposa di Domenico) ed i suoi figli: Giacomo, dissoluto ed amante del vino e del tabacco; Giambattista [10]uomo regolato di prudenza, e di governo... [11] e Rosa, sposata con Mariano Moriconi di Tolentino. Dalla loro unione nascerà Anna che sposerà (29 novembre 1788) il nobile Pacifico Guerrieri la cui figlia, Carolina [12], si coniugherà (2 aprile 1818) con Pacifico Tacci poi erede della casa di Mogliano, situata nello spiazzo dietro l’abside della chiesa di S. Maria di piazza, nell’antica contrada Fiorenzuola, dove nascerà il cardinale Giovanni Tacci.
 
I Boninfanti ebbero sepolture in diverse chiese moglianesi, una in quella di S. Gregorio Magno e precisamente il terzius sepulcrum come è riportato in una antica planimetria della chiesa allegata al terzo volume dello Stato delle Anime ed un’altra nella chiesa di S. Maria da Piedi, davanti l’altare della Maddalena [13]. Lo stemma, scolpito in arenaria, è ancora visibile al di sopra di una porta della loro casa, nelle mura castellane che guardano verso nord. Raffigura un monte di tre cime all’italiana sormontato da un crescente (mezzaluna) montante (con le punte rivolte in alto). È riportato inoltre in una incisione settecentesca che riproduce tutti gli stemmi delle famiglie nobili di Mogliano (fig. 2) e nel XV volume della raccolta di notizie del dottor Filippo Cornazzani [14]. In alcuni sigilli presenti in varie lettere, conservate nell’archivio storico comunale di Mogliano, si può osservare l’emblema con la mezzaluna: epistola di Domenico ai Priori di Mogliano del 21 agosto 1572, in cui lo stemma è fiancheggiato dalle iniziali D e B ed ancora in una del 30 marzo del 1621. In una lettera di Gentile Boninfanti compare, invece, uno stemma più complesso: un grifone sostenuto da un monte di tre cime, quest’ultimo attraversato da una banda, il tutto accompagnato nel cantone destro del capo da una mezzaluna, in quello sinistro da una stella. La stessa arma è incisa nella base di un calice conservato nella chiesa di S. Maria del Suffragio a Mogliano.
 
Il personaggio più noto della famiglia fu, senza ombra di dubbio, suor Maria Eufrasia, al secolo Angela di Giacomo Boninfanti e Delia Latini, nata nel 1634 e defunta il 28 novembre 1657 [15], divenuta benedettina nel monastero di Mogliano nel 1654 [16]. Si racconta che poco dopo la sua morte la monaca sia apparsa alle consorelle chiedendo loro orazioni per la sua anima tormentata nel purgatorio. In quel periodo iniziò il probandato la giovane Francesca Chierichetti [17], che emise i voti il 31 ottobre 1660 con il nome di Virginia Benedetta. Ad essa apparve suor Eufrasia, per diverse volte, chiedendole di supplicare le suore e sua madre di pregare per la salvezza della sua anima. Nessuno voleva credere all’educanda e il giorno dell’Assunta del 1658 la suora si mostrò nuovamente, avvolta in fiamme, lasciando l’impronta di tre dita su di un tavolo come prova del prodigioso avvenimento. Il tavolo è tuttora conservato nel monastero di Mogliano [18]. Sempre nell’ambito religioso emerge la figura del cappuccino padre Simone Boninfanti (figlio di Muzio di Teseo; notizie 1655) che …aveva disprezzato il mondo con le sue pompe, e ricchezze… e nel servire la Chiesa …rifiutò sempre tutti li gradi, e gli onori, e consunto nell’età si riposò nel Signore… Della sua vita e delle opere conosciamo solo questi brevi cenni per mano dell’abate Giambattista Cosimi (1745-1826). [19]
 
I Boninfanti hanno immortalato il loro nome con la committenza di opere d’arte di raffinata bellezza, prima fra tutte la pala per la nuova chiesa di S. Maria di piazza. Questa venne riedificata nel 1532 [20] circa e retta dai sindaci Giovanni di Andrea e Marco del Cardinale, ai quali succedettero Giacomo di Giovanni Pieri e Gaspare di Bartolomeo detto Fratino e quindi, dal 1547, solamente Giacomo Boninfanti. In realtà una disposizione comunale del 3 gennaio 1431 prevedeva la nomina di due sindaci che amministrassero la suddetta chiesa ma, a quanto pare, Giacomo resse da solo tale incarico. Questo dimostra la stima di cui godeva e l’influenza che esercitava sui priori comunali. A partire dal 1681 il numero dei sindaci fu ridotto ad uno solamente e fra questi molti appartennero alla famiglia Boninfanti: Giacomo, come detto, nel 1547-48 ed ancora nel 1555, unitamente a Grisogono di Carluccio; Manlio nel 1579; Massio nel 1581 e nel 1589; Muzio nel 1585 poi nel 1613-14; Battista nel 1595, 1609-10; Ruggero nel 1599; Agramante nel 1624; un altro Giacomo nel 1632; Alberico nel 1633-34; Teodoro nel 1647, Nicola e Marino nel 1668; il primo lo era stato anche nel 1674 [21].
 
Giacomo Boninfanti viene nominato nel Libro di spese diverse[22] del pittore Lorenzo Lotto a partire dal 16 novembre 1547, anno in cui l’artista veneziano si impegna a realizzare una pala per la quale il Boninfanti gli versa una caparra di dieci scudi d’oro. Il Lotto si rivolge al moglianese come se fra i due fosse intercorso un compromesso verbale: …fato acordo e patto tra noi de una pala per la chiesia de la sua Comonità con autorità de sindico de quela chiesa et dita pala a tuta mia spesa de pictura et soi ornamenti de lignami et dorata con figure pricipal n° 5…la nota del Lotto chiude con queste parole: …Et cossì ho promesso, como sta nel scrito de mio pugno a lui et la copia de esso restata a me de mano mia con sottoscritto de la mano del dito misser Jacomo Boninfante sopra ditto…. L’ultima annotazione dell’artista, a proposito di Mogliano, è del 1548-49 quando, ad opera ultimata, chiede il pagamento del saldo al Boninfanti da versare a Dario Franceschini da Cingoli. Rimane, inoltre, memoria di tutto questo nell’iscrizione sulla cartella centrale della predella della cornice che adorna il dipinto: A Laude honor e Gl[or]ia del Signor Dio e fatta fare questa Cona con tutti i suoi ornamenti in tempo de Jacomo Boninfante Sindico de questa Chiesa dela Comunita di Mogliano del 1548.
 
In un’annotazione nel Libro del Lotto, del primo febbraio 1548, è registrato un versamento di cinquanta scudi d’oro alla presenza di Zuane del Coro, architetto anconetano, e Joan Domenico Boninfante, fratello di Jacomo[23]. Nonostante le ricerche effettuate negli archivi comunali e parrocchiali non si è riusciti a trovare nessuna notizia sulla vita di Giacomo che dovrebbe essere nato nel primo decennio del cinquecento [24]. Suo padre, stando ad un’antica genealogia scoperta durante questi studi [25], sembra essere un tal Grasso figlio di Giovanni Pietro de Boninfanti. Fratelli di Grasso furono: Francesco (detto Ciccho) Angelo, Girolamo ed infine un maschio di cui non sappiamo il nome. Giacomo ebbe due fratelli Giovanni Domenico, già citato, e Antonio Cesare. Sappiamo ancora che da Giacomo nacque Agramante che non ebbe discendenza.
 
Ignoriamo come avvennero i contatti con Lorenzo Lotto, ma possiamo ipotizzare che i pittori di Caldarola, suoi seguaci, che lavorarono a Mogliano in quegli anni [26], abbiano fatto da tramite col maestro veneziano. I Boninfanti, certamente, furono estimatori dell’arte dei caldarolesi: non a caso Piergiacomo Boninfanti istituì un legato di centocinquanta fiorini all’altare di S. Martino nella chiesa dei frati minori conventuali di Mogliano, la cui cappella era ornata da un dipinto raffigurante la Madonna col Bambino ed i SS. Giovanni Battista, Giuseppe e Martino a cavallo che dona il manto ad un povero, riconducibile a Durante Nobili [27]. La tela, purtroppo, è conservata nel Museo Francescano della Repubblica di San Marino e se ne auspica, quanto prima, il ritorno.
 
Una trentina di anni dopo la committenza al Lotto, troviamo un altro Boninfanti alle prese con un pregevolissimo dipinto. Una Sacra Famiglia con S. Giovannino, S. Andrea e S. Michele Arcangelo, opera di un autore della cerchia di Raffaellino del Colle [28] (Colle di Borgo San Sepolcro, ultimo decennio del 1400 – Borgo San Sepolcro 1566), collocata nella chiesa di S. Michele Arcangelo. Quest’ultima venne eretta in seguito ad un beneficio istituito da Giorgio di Pietro e Dionisio di Tommaso alla fine del secolo XIV [29]. A loro si deve la donazione al capitolo Lateranense (bolla del 11 giugno 1398) di una casa situata nella piazza per edificarvi la chiesa. Pietro Carnili conferma che l’edificio sorgeva …in platea prope Palactium Communitatis, et Montem Pietatis…[30]. Tutto questo, infine, risulta da una planimetria antica di Mogliano dove si può osservare la chiesina collocata nel lato nord della piazza [31], inglobata da una serie di edifici, demoliti nel corso dei secoli (fig.1) [32].
 
Il Beneficio di Sant’Angelo per testamento di Luca di Angelo di Matteuccio, del 7 aprile 1555, rogato da Vincenzo di Battista, passò a Giovanni di Girolamo Boninfanti e da questo ai suoi figli: Giosia, Antonio, Camillo, Vincenzo, Giovanni-Pietro e Paolo. Costoro nel 1590 o 92 [33], alla morte di Giosia, che ne era Rettore dal 1549 o 50 [34], nominarono concordemente al suo posto don Emilio [35], figlio di Antonio Boninfanti [36].
 
Nei vari inventari della chiesa viene descritto il quadro raffigurante la Vergine inginocchiata col Bambino, S. Giovannino che regge la croce ed un cardellino, S. Michele Arcangelo con la spada e la bilancia e, a destra, S. Andrea. In un inventario del 1805 è riportata l’iscrizione che corre nel   basso del dipinto: Josias Boninfantius 1575 ff [37]. Si è potuto identificare il quadro con quello conservato attualmente nel palazzo comunale, nell’ufficio del Segretario, grazie ad una scheda del professor Vincenzo Brocco che ne annota la provenienza. Osservando attentamente il dipinto si è notata l’iscrizione, di cui si parla negli inventari, in parte scomparsa ed in parte ripiegata nel bordo del quadro [38].
 
Si deve alla munificenza di Gentile Boninfanti [39] la presenza fra i beni del Comune di una tavola di rara bellezza: la Sacra Famiglia con San Giovannino attribuita ad Innocenzo Francucci (Imola 1494 ca. – Bologna 1550 ca.), attualmente nel Museo di S. Maria di Piazza. La sua storia pubblica inizia con il testamento di Gentile, nipote del citato Giosia, dell’8 novembre 1603, aperto il 21 febbraio dell’anno seguente [40]. Nelle sue ultime volontà il moglianese esprime il desiderio di donare il dipinto alla chiesa della comunità, S. Maria in piazza. Nel testamento egli specifica con meticolosità che l’opera deve essere murata nella parete al lato dell’altare della Madonna del Rosario [41] e mai più rimossa. La bellezza del dipinto ha suscitato una forte ammirazione nei signori locali e forestieri che ne richiedevano copie e pertanto l’opera veniva continuamente rimossa. Per far rispettare il volere del Boninfanti intervenne addirittura la Curia di Fermo che, dietro insistenza dei Priori di Mogliano, con lettera del 2 maggio 1730, dispose una multa di dieci scudi a chi avesse spostato la preziosa immagine.
 
Non sappiamo chi acquistò o fece eseguire questa meravigliosa tavola al pittore romagnolo, ma crediamo che appartenesse, fin dalla sua realizzazione, alla famiglia [42] che l’ha sempre ritenuta di Raffaello [43] come si deduce in più documenti [44]. Lo stesso abate Giambattista Cosimi (1745 – 1826), cultore di memorie moglianesi, sosteneva di aver letto una lettera scritta da Raffaello ad un Boninfanti in cui lo chiama compare [45]. Purtroppo nonostante le numerose ricerche effettuate non si è trovata conferma a tale notizia. L’opera dovrebbe risalire alla prima metà del secolo XVI; dello stesso soggetto esiste una tavola, sempre del Francucci, conservata nella Galleria Barberini a Roma [46].
 
Dalle poche notizie raccolte sulla famiglia Boninfanti si comprende come essa sia stata particolarmente legata alla propria terra di origine che ha voluto arricchire con opere d’arte di straordinaria bellezza. La pala del Lotto (simbologia dell’apoteosi della Vergine come immagine della Chiesa, ovviamente quella di Roma [47], soltanto in seno alla quale l’uomo può trovare la salvezza), oggi ricomposta con la sua cornice, è un gioiello del rinascimento italiano così come le altre opere di Monte San Giusto [48], Recanati, Cingoli, Jesi, Loreto ed Ancona. Studi più approfonditi all’archivio di Stato e in quello della Curia Arcivescovile di Fermo devono essere compiuti per avere maggiori dati sulla famiglia Boninfanti e sui legami con artisti ed artigiani che hanno indotto Mosignor Alessadro Borgia, nel secolo XVIII, a chiamare Mogliano la piccola Roma della sua Diocesi.
 
 
Da: Lorenzo Lotto e i lotteschi a Mogliano atti del convegno di studi 1 dicembre 2001, Palazzo Forti, Mogliano (MC), a cura di Marta Paraventi con presentazione di Vittorio Sgarbi.

NOTE:

 
[1] Alcuni membri della famiglia vissero in altre città: Parma, Roma e Montecassiano (MC). V. Filippo Cornazzani, Miscellanea di notizie su Mogliano, t. IX, cc. 20r , 43r e 47r.
[2] Biblioteca Comunale Mogliano (B.C.M.) – Giuseppe Carnili, Mogliano olim Terra presentemente Castello della Diocesi di Fermo, cronache dal 1740-1795, p. 38. In casa Boninfanti la sera del 27 ottobre del 1747 divampò un incendio che distrusse buona parte dell’abitazione e «…casse, tavolini, biancheria, quadri, scritture di qualche rilievo (compreso, credo, l’archivio familiare), libri buoni, e simili. L’argentaria restò la maggior parte disfatta, come ancora le monete d’argento…»
[3] Si ringrazia Don Mario Blasi per aver messo a disposizione l’archivio parrocchiale di S. Maria da Piedi.
[4] Archivio storico comunale di Mogliano (A.S.C.), pergamena del 21 aprile 1366, n. 7.
[5] B.C.M. – Filippo Cornazzani, Cenni storici della famiglia Carnili di Mogliano. Ms. sec. XIX. Il minorita padre Pietro Carnili, al secolo Giovanni Ludovico, nacque da Giovanni Francesco e Laudomia, figlia di Ruggero Boninfanti. Fu rinomato predicatore e stimato studioso di antichità. Morì nel convento di Sant’Elpidio.
[6] B.C.M. – Pietro Carnili, Annales Terrae Moliani, ms. del 1666, cap. II, cc. 9v – 10r. Angeluccio Boninfanti viene accusato di parteggiare per Malatesta da Rimini che vuole separare Mogliano da Fermo ed elevarlo al rango di città; P. Carnili, op. cit., cap. XXXI, c. 37v., cap. XLIII, c. 49r. Giovanni Angeluccio e Francesco Ciccioli si recano a Fermo per chiedere la grazia per il figlio di Gentile da Mogliano, condannato a morte. Cfr. Alessandro Rasi, Narratione de le antichità di Mogliano (metà sec. XVI), c. 16.
[7] B.C.M. - P. Carnili, op. cit., c. 8.
[8] B.C.M. - P. Carnili, op. cit., c. 38. Esistevano delle lettere scritte da Sisto V a Vincenzo Boninfanti conservate dai signori Nobili di Monte San Giusto che si dicevano parenti dei Boninfanti di Mogliano.
[9] A.S.C. – Fascicolo Giampietro Boninfanti. Certificazione della città di Fermo che attesta l’attività di medico e chirurgo del Boninfanti.
[10] A.S.C. – Fascicolo chiesa S. Maria di Piazza, lettera del 3 aprile 1772. Giovanni Battista Boninfanti è nominato con Domenico Cosimi deputato per la fabbrica della chiesa di S. Maria di piazza; G. Carnili, Mogliano … cit., c. 459 (alias 233r.), «.…La notte delli 7 Decembre (1787) stando a giocare colla Sig. Orsola Latini (nata Cardona, da Camerino, e moglie di Giambattista Latini) in casa Latini (via Carelli) il Sig. Giambattista Boninfanti fu sorpreso da dolori, e travaglio di stomaco con de liquidi e di li a un ora passò all’eternità…i di lui capitali anderanno in mano de forastieri. Li pretendenti sono i Sig.ri Marchetti, Moriconi di Tolentino, e Grifoni di Rapagnano…Ecco dunque estinta una famiglia con pregiudizio notabile del Paese...»
[11] B.C.M.- G. Carnili, Stato Moderno di Mogliano conforme si trova nel 1769, p.45 (alias 23r).
[12] B.C.M. – Lignini, Miscellanea II, c.135. Lettera di Aristide Gentiloni Silverj a don Giovanni Lignini del 4 giugno 1921. Alla sorella di Carolina, Teresa, coniugata con il conte Stefano Silverj (28 novembre 1811), spettarono i beni di Tolentino. 
[13] Si ringrazia padre Luigi Ruani per aver messo a disposizione l’archivio parrocchiale di San Gregorio Magno. Il sepolcro in S. Maria da Piedi è nominato nel testamento di Gentile Boninfanti del 1603.
[14] B.C.M. – Filippo Cornazzani, miscellanea di notizie, vol. XV, c. 3r. Citeremo i volumi del Cornazzani, e del Cosimi con la sola cifra romana corrispondente al volume, e rimandiamo alla numerazione delle carte in rosso, apposta dal professor Vincenzo Brocco.
[15] B.C.M. – Cornazzani, IX, c. 142r, v. Nel monastero vi entrò un’altra Boninfanti, Giustina nata nel 1614 e morta il 13 febbraio1665.
[16] Il Carnili scrive che la suora emise i voti il 3 agosto 1655, Annales …, cap. 98, c. 100r; il Cornazzani dice nel 1654, Miscellanea …, IX, c. 142r
[17] Figlia di Carlo Chierichetti, podestà di Belforte e Morrovalle, e Margherita Sgamba, nata a Mogliano il 21 marzo 1643 e morta il 17 maggio 1718. La madre era sorella del celebre Giacinto Sgamba colonnello delle truppe pontificie al servizio della Serenissima nella guerra contro i turchi in Dalmazia.
[18] L’episodio è narrato in un manoscritto di Gianfilippo Carnili che conobbe suor Virginia Benedetta.
[19] B.C.M. – G. Cosimi, VII , c 15r.
[20] B.C.M. - G. Carnili, Stato moderno …, p.136. «…la nuova [chiesa] era tutta una navata, larga fino quasi alla metà della navata di mezzo di questa nuova presente.; ma la tribuna più curta, e arrivava fino alle porte laterali che sono nella tribuna moderna. La chiesa era tutta dipinta, ma poi fu scialpata…»Venne riedificata a partire dal 1759. Nel 1769 si realizza la volta per opera dell’architetto Antonio Carlo Rusca da Lugano. Vedi anche F. A. Ferretti, Il Santuario di nostro Signore della Pietà, Macerata, 1952, p. 148.
[21] B.C.M. - Cornazzani, XIII, c. 117 r- 119v.
[22] P. Zampetti, Lorenzo Lotto - Libro di spese diverse, Scandicci FI, 1969, pp. 27,29,40-41, 104-109.
[23] P. Zampetti, op. cit., p. 106.
[24] I Consigli Comunali ed i Libri Parrocchiali di S. Maria risalgono alla metà del secolo XVI.
[25] B.C.M. – Cornazzani, IX, cc. 31r – 33r. Genealogia compilata per volere di Flaminio Boninfanti per determinare i legittimi possessori del Beneficio di San Michele.
[26] Nella chiesa di S. Gregorio M. si conserva un’Immacolata di Durante Nobili del 1546 e una Deposizione nel sepolcro riconducibile a Gianfrancesco De Magistris. Nella chiesa di S. Colomba una tavola di Durante Nobili con la Madonna il Bambino e Santi del 1554. Lottesca è pure una tela con la Madonna del Rosario, nella chiesa di S. Maria di Piazza, voluta dal Comune di Mogliano come attesta lo stemma (il più antico a colori) da me scoperto sul tronco dell’albero raffigurato. Si ha notizia di un gonfalone realizzato da Simone De Magistris, oggi perduto(vedi P. Amato, Simone De Magistris, Campobasso, 1996, p. 257).
[27] F. A. Ferretti, op. cit., p. 101.
[28] Attribuzione confermata dal professor Stefano Papetti.
[29] B.C.M. Cornazzani, IX, c. 93 r, v. Inventario compilato da Mauro Cerembi, Rettore del Beneficio di S. Michele, il 20 dicembre 1727.
[30] B.C.M. P. Carnili, op. cit., cap. CXVI, c. 120v.
[31] B.C.M. – G. Carnili, Stato moderno …, p. 128 (alias 64v). Negli anni in cui il Carnili scrive lo Stato Moderno di Mogliano (1769) la chiesa risulta ancora esistente.
[32] La planimetria riproduce Mogliano fra il 1748 (anno in cui si realizza la chiesa di S. Nicolò che vi compare) e il 1765 (anno in cui risulta demolita la chiesa dei SS. Caterina ed Onofrio che invece vi è riportata lungo via Regina Margherita). Si possono notare, oltre l’antico palazzo comunale e la chiesa di S. Michele in piazza (demolita nel 1774), quella di S. Giuseppe, nel piazzale omonimo e l’unico bastione superstite dell’antica rocca (smantellato nel 1847).
[33] B.C.M. –Cosimi, VII , c. 14 r. Emilio B. risulta Rettore del Beneficio di S. Michele già dal 1590.
[34] B.C.M. – Cornazzani, XX, c. 283. In un atto di L. Fabritto del 1568, p. 166, risulta nuovamente essere Giosia rettore del Beneficio.
[35] B.C.M. – Cosimi, VII, c. 15r. Risulta essere altresì Rettore dell’altare di S. Pietro nella chiesa di S. Martino di Petriolo (MC).
[36] B.C.M. – Cornazzani, IX, c. 15v, 20r e 105v.
[37] F. A. Ferretti, op. cit., p. 72. Il dipinto, dopo la demolizione della chiesa di S. Michele, venne collocato in quella di S. Maria di piazza, nella prima cappella a sinistra.
[38] Osservando il dipinto si possono notare dei grossolani errori prospettici soprattutto nella posizione spaziale delle figure. Viene da pensare che i due Santi siano stati aggiunti in un secondo momento, forse nel 1575, per volere di Giosia Boninfanti che nell’occasione vi ha fatto apporre l’iscrizione. Il gruppo principale della Vergine, di alta qualità pittorica, potrebbe essere opera dello stesso Raffaelino o di un suo allievo.
[39] Era figlio di Giovanni-Pietro di Giovanni. Gentile visse abitualmente a Roma dove servì Mariano Colonna che gli concesse un ufficio in Abruzzo, incarico che lasciò presto per servire Mogliano come si legge in una sua lettera, conservata nell’ASC di Mogliano, dell’8 settembre 1568. Fu podestà di Foligno nel 1576.
[40] B.C.M. – Cosimi, VII, c. 16r. Nel testamento sono elencate altre opere di proprietà di Gentile B. «…un quadro co l’immagine de S. Catarina e due angeli che tengano la corona co le sue cornice di legno un quadretto co l’immagine di S. Geronimo senza cornice un quadretto de S. Francesco in tela co la sua cornice coperto de raso roscio.»
[41] Il legame della famiglia alla Madonna del Rosario è confermato da un lascito, all’altare omonimo, di 7,60 fiorini voluto nel 1619 da Giambattista Boninfanti.
[42] B.C.M. – Cornazzani, IX, c. 31r. Sembra che Giovanni Pietro, da cui si ha la genealogia ininterrotta della famiglia, abbia dimorato a Parma dove potrebbe essere entrato in contatto con il pittore imolese.
[43] Il dipinto di Raffaello che più si avvicina alla tavola di Mogliano è una Sacra Famiglia con San Giovannino, ovvero Madonna della rosa (cm 84 x 103), databile intorno al 1518, conservata al Prado di Madrid che, tuttavia, è eseguita prevalentemente dai suoi allievi.
[44] F. A. Ferretti, op. cit., pp. 69-70 «…L’attribuzione a Raffaello è ripetuta solamente nei tardi inventari della Congregazione di Carità e nei Consigli Comunali. Nonché nel cartellino dipinto nel fronte dell’edicola lignea che racchiude la preziosa tavola. Nel museo di Napoli e in Spagna all’Escorial, vi è un quadro S. Famiglia colle dette figure, ritenuto di raffaello che può dar lume sull’attribuzione…Tale attribuzione sostenuta dal dotto Abate Cosimi di Mogliano e da Giuseppe Mancini di Macerata, accademico di San Luca, è contestata dai critici d’arte e dal Pungiglioni nell’Elogio storico di Raffaello p. 89. I critici l’attribuiscono alla scuola del sommo Urbinate, cioè ad Innocenzo da Francucci da Imola, o al Francia. (Archiv. Com.)…».
[45] B.C.M., Cornazzani, IX, c. 8v.
[46] La tavola nella Galleria Barberini misura cm 46,5 x 58,5, quella di Mogliano misura cm 50 x 62, e ne riproduce specularmente il soggetto; venne acquistata dal Monte di Pietà di Roma nel 1859 ca. Si ringrazia Alessia Duca per avere inviato i dati relativi all’opera.
[47] Il muro che fa da fondo ai Santi è l’abside di una chiesa in costruzione; si osservino le aperture delle tre finestre. Il richiamo a Roma è evocato dai monumenti che si vedono in lontananza.
[48] Grazie all’interevento di restauro da me condotto, in collaborazione con Elisabetta Vinciguerra, su quest’opera, per incarico della Soprintendenza ai monumenti di Ancona, ho potuto studiarne i minimi particolari comparandoli al dipinto di Mogliano.


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