Associazione Bichi Reina Leopardi Dittajuti

I Marchesi Laureati di Grottammare

dalla pubblicazione di Tiziana Capocasa & Luciano Chiappari

LISZT, FRANCESCANO TRA UMBRIA E MARCHE

Dai Santuari di Assisi, Cascia e Loreto a Grottammare.

Stamperia dell'Arancio - Grottammare
Regione Marche, Assessorato ai Beni ed Attività Culturali

 

Da pag. 48 a pag. 50 si può leggere questo interessante studio su una delle più fiorenti Famiglie marchigiane.

 

La famiglia Laureati, originaria di Loreto Aprutino, nel XV secolo si era trasferita nelle Marche, prima a Montecosaro, poi a Grottammare e Porto d'Ascoli- II capostipite del ramo di Grottammare, Gioacchino, colonizzatore delle paludi del Tronto ed amministratore della tenuta di Selva Giurata (Porto d'Ascoli), concessa in enfiteusi dal papa alla nobile famiglia, aveva rilevato e fatto ampliare ia villa fatta costruire sul finire del Settecento dal vescovo Bartolomeo Bacher (1).

Nel 1860 vi aveva ospitato per cinque giorni Vittorio Emanuele II che vi accolse la delegazione guidata da Ruggero Bonghi, Luigi Settembrini, Antonio Ranieri ed altri che offrirono al rè d'Italia l'obbedienza del popolo napoletano. Una pagina importante dell'Unità d'Italia fu scritta all'interno delle solide mura del palazzo avito dei Laureati, nobili dediti per tutto l'Ottocento a svolgere attività imprenditoriali e di bonifica dell'intero territorio, allora paludoso e malsano, compreso tra il torrente Ragnola ed il fiume Tronto.
Fece eccezione Pietro Laureati (Grottammare 1802 - 1876) che interruppe volutamente la carriera militare per dedicarsi interamente alla sua vocazione di musicista. Il nipote Camillo sposò all'età di 32 anni l'agiata Caterina, figlia unica dei conti Stracchi di Loro Piceno, di appena 18 anni. Bruna e minuta, dal portamento elegante e fascino zigano, esaltato da splendidi capelli ondulati che raccoglieva sul capo con gioielli od ornamenti, Caterina possedeva un forte temperamento e profonda cultura. Parlava correttamente più lingue, leggeva Chateaubriand, amava viaggiare ed andare a cavallo. Educata nei migliori collegi possedeva, inoltre, una buona preparazione musicale come era in voga tra le fanciulle di buona famiglia, e suonava discretamente il pianoforte. Riuniva spesso la nobiltà del luogo, fra cui i conti Palmaroli e Fenili, nel suo salotto, attorno al pianoforte Boisselot, da lei ordinato direttamente alla casa costruttrice di Marsiglia. Durante una festa a palazzo Fenili, Caterina Laureati conobbe Liszt con il quale intrattenne brillante conversazione. In suo onore organizzò, nel suo palazzo, ricevimenti molto esclusivi a cui Liszt partecipò sempre con enorme entusiasmo, ringraziandola, poi, ogni volta con biglietti di cortesia, fatti recapitare direttamente dal suo fedele senatore Fortunato, a "madame la marquise". In occasione di una dello sue ripetute visite nella casa patrizia, il famoso musicista, si rivolse alla padrona di casa per invitarla ad eseguire un brano a quattro mani, suscitando non poco imbarazzo nella giovane marchesa.

 

La nobildonna confessò poi, ai suoi familiari ed amici, di sentirsi molto onorata e, al tempo stesso, emozionata come una scolaretta a suonare insieme al grande musicista. "In quei momenti - annotò nel suo diario - le mie mani tremavano e mi sentivo confusa. Lìszt al mio fianco, suonava in maniera straordinaria". Al termine della villeggiatura il musicista si ricordò di lei e da Roma le inviò due foto con autografo che Caterina custodirà gelosamente insieme ai suoi bigliettini di ringraziamento per le splendide e riuscite serate a palazzo Laureati. Durante una di queste serate musicali, il marchese Camillo assistette ad una scena toccante. Dal salone dove si trovava in compagnia dei nobili raccolti attorno al famoso musicista, fu richiamato da alcuni flebili singhiozzi che provenivano dalla scalinata.
Affacciatesi, vide suo zio Pietro il famoso violoncellista che, ormai malato, viveva ritirato in alcune stanze del palazzo appoggiato ad una colonna, in preda ad una forte commozione. Attratto dalla musica di Liszt si era alzato dal letto per salutare ed abbracciare il grande maestro, ma era stato sopraffatto dall'emozione. Quelle note gli avevano riportato alla mente struggenti ricordi: le sale di concerto dove in gioventù si era esibito con successo, gli applausi del pubblico. La sua carriera di musicista, come quella di Liszt, era stata strepitosa. Per ripercorrerla ci viene in aiuto un prezioso volumetto di Enrico Montazio, con prefazione dei senatore Luigi Dragonetti, stampato a Roma nel 1869. Vi sono raccolti in ordine cronologico gli articoli apparsi sui giornali dell'epoca insieme a delle note biografiche da cui si stralciano alcuni passaggi utili per ricostruire la figura del musicista, nato a Grottammare nel 1802. La naturale predisposizione del fanciullo per la musica venne incoraggiata dal padre Gioacchino che avviò il figlio di appena sette anni allo studio del violino sotto la guida del maestro Rasponi e successivamente del violinista Barlocci di Sant'Elpidio a Mare. Di nascosto dei suoi precettori, però, si esercitò col violoncello fino a manifestare l'intento di volersi dedicare esclusivamente a tale strumento.   Quindi prese lezioni dal maestro Vitali di Ascoli. Fece progressi rapidissimi tanto da suonare, all'età di 11 anni, nell'orchestra del teatro di Ascoli per tutto un carnevale. Richiamato dal padre che non voleva farne un semplice suonatore d'orchestra, si sottopose al rigido esercizio giornaliero di sei ore con il maestro Lorenzino Neroni. (La Famiglia Neroni, decorata con titolo comitale è di Ripatransone ed ha avuto anche numerosi esponenti nel campo della musica classica e lirica NDR). In obbedienza al genitore che voleva dargli una posizione sociale, intraprese la carriera militare. Dalle carte dell'Archivio di Stato di Roma si apprende che nel 1818 Pietro assunse la luogotenenza di Porto d'Ascoli, quindi del porto di Grottammare. Da altre carte dello stesso Archivio si ha conferma della passione smisurata di Pietro per la musica che lo metteva in serie difficoltà con i suoi superiori; infatti tra il 1826 ed il 1829, il luogotenente chiese ripetuti permessi con il pretesto di sottoporsi a cure mediche, in realtà per suonare nei teatri dì Ascoli, di Fermo e di Macerata. L'imbarazzo venne tolto nel 1831 quando il marchese violoncellista lasciò il servizio, nonostante la promozione a Tenente Colonnello ed Ispettore di Marina, per iniziare una attiva e brillante carriera concertistica che lo portò ad esibirsi nei principali teatri d'Italia e dell'estero. Il 1 novembre 1837, mentre Liszt era in Italia, egli tenne a Parigi la sua prima applauditi ss ima Accademia ed accompagnò spesso il tenore Giovanni Battista Rubini, grande amico di Liszt. Per venti anni fu primo violoncello al Teatro dell'Opera di Londra, conobbe Beethoven e fu amico di Spontini e Rossini. La sua commozione nell'ascoltare Liszt suonare nel suo palazzo era ben comprensibile. Chissà quanti ricordi di persone e luoghi avrà avuto in comune!
Gli inglesi arrivarono ad offrirgli una montagna di ghinee pur di avere il suo strumento "'uno dei più perfetti lavori usciti dalle abili mani dell'artefice Thecler", rimpiazzato dal Laureati con un violoncello di Girolamo Amato, acquistato a Livorno. Oltre a conquistare l'appellativo del 'Paganini del violoncello", Pietro Laureati ottenne successo anche come compositore. Tra i suoi numerosi ammiratori c'era anche Giuseppe Giusti il quale scrisse, il 28 febbraio 1845 da Roma: "di ritorno da Napoli qui feci breve sosta, e qui ventura volle che sentissi suonare il tanto famigerato violoncellista Laureati (....), Dal mirabile violoncello si partiva insieme a' suoni incantevoli una serie di sensazioni che parlavano all'anima ineffabili squisitezze di affetti, divinavano quella storia di amori e dolori che intessono la vita mortale". Dopo aver trascorso gli ultimi anni della sua carriera a Roma, ritornò malato a Grottammare, accolto nel palazzo dal nipote Camillo e sua moglie Caterina che gli riservarono cure ed attenzioni fino alla morte avvenuta nel 1874.A Grottammare sono ancora presenti i discendenti con a capo il Nob. Dr Vittorio dei Marchesi Laureati.La Famiglia Laureati è fiorita anche a Porto d'Ascoli (dove sono attualmente presenti i discendenti capeggiati dal Marchese Ing. Pietro Laureati) Macerata, Tolentino, Civitanova Alta, Camerino, Fermo, Torre di Palme di Fermo (dove è presente pure una discendente) e Porto San Giorgio (dove sono presenti delle discendenti ora trasferitisi a Parigi). Numerosi sono i palazzi ancor oggi chiamati con il nome della Famiglia Laureati nelle Città sopra nominate anche se quei rami sono estinti da tempo ed gli stabili hanno avuto altra destinazione.Dalla rivista "Millepaesi"di Civitanova Marche del 30 Agosto 2001 leggiamo questa interessante nota a propositodi una Conferenza che si è tenuta a Montecosaro, presso la Chiesa di Sant'Agostino, che racchiude numerose tombe dei Laureati, tenuta dal Prof. Alfredo Maulo e dal Prof. Fabrizio Quattrini.
Per la casata Montecosarese attualmente è presente, invece, con la famiglia, il dott. Paolo Nori (pediatra), nipote di Luigia (1883 - 1969) nonna materna e del dott. Mario Laureati (scomparso nel 2000 a 96 anni'), pediatra anch'egli come il padre Francesco (1871 - 1957), discendente da una famiglia presente nel Comune già alla fine del Cinquecento, con il capostipite Aquilante (1657 - 1687). Questi ebbe 4 figli, di cui 3 diventati sacerdoti: Don Giovanni (canonico a Viterbo (1622 - 1686) Don Francesco (1626 - 1697) e Don Alessandro (1628 - 1694), che fece edificare la Collegiata di Montecosaro. Dal fratello Camillo, sposato con Maria Porfiri. nacquero invece il don Aquilante (1657 - 1687) e Padre Giovanni, gesuita, missionario in Cina. Del suo itinerario religioso nel grande paese orientale ha parlato Maulo, che ha rintracciato negli archivi romani della Compagnia di Gesù una lettera del grande montecosarese a Papa Clemente XI Albani, con la quale nel 1721 sollecitava Sua Sanlità ad adoperarsi affinchè la Legazione Pontificia presso la corte di Pechino potesse definire la questione dei "riti''. indispensabili (con la loro ufficializzazione) per proseguire utilmente l'evangelizazione. che rischiava invece di languire. Il gesuita di Montecosaro scriveva al Papa che non era affatto vero che l'Imperatore non si curasse dei riti. "La Legazione ha capito che l'imperatore non è ateo, tanto che fu sentito discutere opportunamente dell'immortalità dell'anima, della esistenza degli angeli ed anche del vero Dio: come anche fu sentito dire che lui veneracon riverenza lo stesso Dio che è adorato in Europa". Nel 1940 alcuni parenti hanno scrino una biografia dettagliata sui missionario delia propria casata. Il Prof. Maulo approfondirà gli studi e non mancherà di curarne qualche prossima pubblicazione. Nella visita a Palazzo Laureati il Prof. Maulo ha fatto notarcene gli affreschi dovrebbero essere opera di un ceno Pieroni. Montecosarese che si fece onore in Sud America, le sue opere figurano nella cattedrale di Montevideo' Altra curiosità dal dott. Giacomo Laureati (1737 - 1797) nacque la figlia Rosa, sposata con Francesco Frisciotti di Civitanova. nonna materna di San Gabriele, (e.e.)

 

NOTE:  

(1) v. Listz - Lettere da Grottammare, a cura di T, Capocasa, or. cit., pag 26 e nota 2 pag. 29. Bartolomeo Bacher, nato da genitori di origine belga, nel marzo 1721, studiò al Seminario dì Montefiascone. Ordinato sacerdote ne! 1750 venne consacrato da papa Pio VI, nel dicembre del 1779, vescovo di Ripatransone, diocesi che reggerà fino al 1813 per trasferirsi a Grottammare. Lo scrittore Orazio Valeriani lo elogiò nei suoi "Annali di agricoltura" del 1813 definendolo "coltissimo in ogni scienza, esimio nello scrivere leggiadro, agronomo sommo, agricoltore pratico".

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