Associazione Bichi Reina Leopardi Dittajuti

Ernesto Garulli (Membro del Collegio Araldico)

LE FAMIGLIE NOBILI DI MONTERUBBIANO NEL 1621

(dal cofanetto crivellesco esistente del Museo Comunale)

Estratto dalla "Rivista Araldica" a fascicoli (giugno - novembre 1948)

 

Qualche anno fa, nel corso di un ricevimento in una nobile casa di Fermo, avevo fugacemente letto alcune pagine di un libretto che il Conte Garulli, aveva scritto per perpetuare nel tempo non solo la Sua Famiglia ma anche quelle della "patria" d'origine: Monterubbiano.
A distanza di anni, per la gioia dei nostri lettori, la Nob. Antonella Grulli, sposata con il Dott. Prof. Giandaniele Bonanni, discendente della nobile Famiglia Tacci, mi ha fatto dono della pubblicazione di Suo Padre che, fedelmente trascritta, viene ora pubblicato sul nostro Sito.

"Ciascun che della bella insegna porta"
Paradiso, c.. XVI. Dante

 

MONTERUBBIANO, la Urbs Romana, nei suoi antichi tempi ebbe importanza notevole.
Quando Papa Innocenzo VI mandò il Cardinale Egidio Cirillo Albornoza rimettere ordine nelle Città dello Stato Pontificio- questi, ristabilendolo, convocò il Primo maggio 1357 a Fano i rappresentanti dei Comuni delle Marche per la graduatoria, e li distinse in cinque gruppi. Furono classificate Città maggiori : Ancora., Fermo, Camerino, Ascoli e Urbino; Città grandi: Pesare. Recanati, Macerata, Fano ed altre cinque; al terzo gruppo. Città mediocri in tutto 22, fu assegnato Monterubbiano, al pari di Osimo, Tolentino: Ripatransone, Amandola: ecc. seguono infine gruppi delle Città Piccole e Piccolissime, - Tali aggruppamenti furono compresi nelle costituzioni Egidiane, così chiamate dal nome del Cardinale.
In tale epoca Monterubbiano contava 1280 fuochi, cioè circa 7000 abitanti. Le mura castellane, innalzate dallo Sforza (1433 - 1461 a protezione di questa località strategica, misurano quasi due chilometri. Le antiche .fortezze erano già state smantellate, quando nel 1182 Monterubbiano. sempre in loca con Fermo, subì da questo una terribile disfatta, con l'obbligo di arrendersi a discrezione e di cedere 50 delle principali famiglie, perché prendessero dimora a Fermo.
Ma dopo pochi anni dalla sconfitta il nostro paese si riebbe ed i fermani in seguito, cavallerescamente, lo vollero amico, tanto che nel 1458.
La ritta di Fermo decretò che i monterubbianesi fossero considerati pari ai cittadini fermani.
Nei secoli XIII e XIV vi si contavano 3 conventi, 12 parrocchie, il ghetto ebraico, e dal 1446 una colonia albanese. La cittadina si divideva come al presente, in sei rioni.
Ma, come tatti i paesi montani. Monterubbiano, alto ben metri 403 su livello del mare e dominante vastissimi panorami su tutte le Marche se nel passato ebbe grandissima importanza strategica quale caposaldo di difesa, col cammino del tempo, isolato dalle grandi vie di comunicazione, ha perduto parte della sua attività commerciale, conservando un notevole prestigio quale centro agricolo, turistico e culturale, tanto che riaffiora proprio in questi giorni l'idea di farse una stazione climatica. Dopo molte vicende guerresche, nel 1586 Sisto V tolse Monterubbiano dalla dipendenza del Governo Generale della Marca, ponendolo sotto il Presidiato di Montalto, e fissandolo però quale centro di movimento di tutte le frappe. In seguito esso segasi le sorti di tutti i paesi dello Stato Pontificio e quindi del Regno d'Italia.
Ricade in questo periodo il risveglio dell'attività cittadina, suscitato dal ceto nobile, i cui stemmi furono fermati nella tavola, che casualmente fu da me rinvenuta nel 1927. Dico casualmente, perché lo storico archivio del Comune era stato trasportato alla rinfusa, in un localetto a pianterreno osi palazzo comunale, dove; è installata la caldaia del termosifone. L'intervento del Prefetto, dietro mie sollecitazioni, fruttò il riordino dell'archivio.
Ma quanti documenti avrà divorato questa caldaia ?
Appunto fra quei libri e fasci di carte rinvenni e salvai la tavola degli stemmi nobiliari datata del 1621, che è la ragione di questa nota. Ne fu fatta la copia autentica dal Comune, e oggi trovasi nel mio archivio.
L'originale restò in Municipio, ma, fattene la ricerche nel 1937, la Segreteria mi informò che se ne erano perdute le tracce. Quindi la copia in mio possesso e l'unico documento al riguardo oggi esistente. E sono ben lieto di poterla dare alle stampe, corredata da notizie storiche e biografiche sulle famiglie stemmate.
Di quest'ultime solo quattro sopravvivono: Garulli, Secreti, Lamponi "oggi Palmucci Lamponi". Onesti (oggi Calzecchi-Onesti). Nella difficile e delicata compilazione delle notizie, mi è stato di valido aiuto il noto Storico monterubbianese don. Luigi Centanni, diligente raccoglitore e colto illustratore delle ultime memorie patrie. E" da notare che l'originale in pietra dello stemma centrale dell'ultima riga della tavola, senza nome e senza colori- fu rinvenuto in un cortile, ed oggi murato nell'atrio della casa prepositurale di San Giovanni sotto n grandioso stemma quattrocentesco della famiglia Galeotti. L'ultimo stemma è quello dei Comune, che nei suoi colori e nelle caratteristiche è identico a quello che trovasi nel cofanetto crivellesco conservato nel Museo Comunale.
Queste diciotto famiglie nobili esistenti nel 1621 stanno certo a documentare la continuità per tanti secoli, di elevati ceti culturali, nelle arti, nella chiesa, nelle scienze, nelle armi, nelle lettere, che danno a questo Comune un primato mai contestategli.

Più tardi qui si stabilirono altre famiglie nobili. Verso la metà del Secolo XIX il Conte Palatino Ferdinando Fanelli (1811 - 1868) di Ancona si unì in matrimonio con Orsola Onesti (1818-1575) ultima del ramo monterubbianese della nobilissima stirpe dei Duchi di Ravenna; fu brillante colonnello di cavalleria di Vittorio Emanuele II e console sardo in Ancona. Il figlio Galeazzo combattè a Bezzecca. con Garibaldi e fu sindaco del paese. Di questa famiglia gli anconetani vantano molti personaggi illustri, letterati, diplomatici, guerrieri ed artisti, fra cui il noto pittore Pier Simone Fanelli.
Stemma: inquartato primo e quarto d'azzurro; al lambello cucito di rosso a quattro pendenti a tre gigli d'oro posti fra di essi col capo di rosso alla croce biforcata d'argento (Capo di Malta), secondo e terzo di nero al leone d'oro con h. banda di rosso attraversante. Sul tutto d'oro all'aquila bicipite spiegata ci nero coronata d'oro su ambedue le teste. Cimiero: Un uccello (fanello) al naturale.

Quasi contemporaneamente qui prese dimora col notaio Luigi (1779) la famiglia dei conti Perotti, originaria di Sassoferrato. anch'essa feconda di illustri personaggi : Giustina Levi Perotti letterata e poetessa che fu in corrispondenza col Petrarca; ed il famoso umanista. Monsignor Niccolò (1450 - 1480). di cui la grammatica latina fece testo per secoli in tutte le scuole d'Europa.
Lo stemma inquartato al primo e quarto di azzurro all'aquila di nero cucita, armata d'oro, pesta in banda con leone e s^-genio saliente e attraversante sulla scala, i punti 103 rivoltati alla redesca. Nello stesso scorcio del secolo XVIII trasmigrò qui da Lapedona la famiglia Centanni, ramo cadetto della nobile famiglia Centanni di Venezia, feconda di governatori e guerrieri, di cui rimane ancora in Rio San Tomà il palazzo avito, ove nacque Carlo Goldoni ed ove oggi è fondato il Museo Goldoniano. Di questa famiglia, già ricca di studiosi, emerge su tutti il Professor Eugenio Centanni, patologo di fama mondiale, titolare della cattedra pelle Università di Cagliari, Ferrata, Siena, Modena e Bologna, ove si spense tre anni or sono quasi ottantenne. Lo stemma è contrapalato d'argento e d'azzurro, di sei pezzi alla fascia in divisa d'oro.

ARACINTI o IRACINTI: L'annosa questione sull'origine di questa famiglia, se di Teramo o di Monterubbiano, fu risolta dal dottore Luigi Centanni nel Bollettino storico Monterobbianese, anno 1904 N. 6.11.22. dove è dimostrato che gli Iracinti erano originari dì Monterubbiano e solo in seguito a vicende guerresche del quattrocento si trasferirono a Teramo. L'esilio però fu di breve durata, chè sul principio del Secolo XVI troviamo che Don Francesco Aracintì di Teramo era già ritornato come Pievano a Monterubbiano. Gli successe nel 1526 il nepote Don Rodolfo, che in unione allo zio fece restaurane la Chiesa, e poi nel 1542 da Paolo III ottenne per la sua sua famiglia il patronato perpetuo della Pievania. Don Rodolfo Iracinti fu famoso letterato, poeta e umanista ed ebbe come scolaro a Civitanova Annibal Caro con cui fu legato da fraterna amicizia. Le sue opere principali furono: il poemetto - Juliades - dedicato a Giulio II. 1511:* Judicìum Paridis - dedicato al Duca G. M. Varano di Camerino, 1524: Farnesiae Elegiae ac Virgineum Epithalamium, 1541, di cui la prima parte dedicata a Paolo m Farnese e l'altra a Donna Margherita Austria Farnese. Ascanio Aaracinti fece parte della Commissione per la riforma dello Statuto Monterubbianese (1538). La famiglia si è spenta con Nicola Aracintì circa la metà del sec. XIX. La loro casa era nel Rione di Monterubbiano o Centro e la tomba nel tempio di S. Francesco.
Arma: d'argento al fuoco di rosso uscente dalla punta e accompagnato in capo da uni colomba volante verso destra.  

BENNATI: Famiglia proveniente da Ascoli. Nella raccolta delle memorie patrie del Conte Eufemio Vinci di Fermo, nella cui biblioteca si conservano manoscrme, si trova l'albero di questa famiglia che s'inizia con Giulio (1500) e finisce con Lazzaro e sua sorella Maddalena morta nel 1824.
Fra le parentele principali si segnalano quella con i Vinci, Garulli, Paccaroni, Matteucci, Secreti, ciò che conferma la nobiltà della stirpe. Giulio Bennati prese larga parte alle vicende cittadine del 1500. Il palazzo primitivo della famiglia si erigeva in contrada S. Giovanni; in seguito se ne costruì un altro in contrada S. Nicolò di fronte alla Chiesa di S. Francesco, In questa fu innalzato il loro altare con il quadro rappresentante " I Cordigeri", adornato dello stemma gentilizio, e fu costruita la tomba.
Arma: d'azzurro al monte di tre cime all'italiana d'oro uscente dalla punta e sostenente tre fiori d'argento accompagnati in capo da una stella (5) posta fra due comete, quella di destra ondeggiante in banda e quella di sinistra in sbarra, il tutto d'oro e male ordinato.  

BRANCUCCIO: Il personaggio più importante di questa famiglia è quel Brancuccio che nel secolo XIV si era reso tiranno della sua Patria, contro il quale nel 1380 i fuorusciti Monterubbianensi, aiutati da patrioti dei paesi circonvicini, s sollevarono gridando - Viva la Chiesa, et morte alli tiranni, et Brancuccio. Questi però potè rifugiarsi nel Cassero o castello ed. avuti aiuti da Fermo e da altri paesi riuscì a debellare gli insorti, uccidendone più di ottanta e facendone prigionieri molti altri, che furono rinchiusi nei forti
di Fermo. La famiglia continuò ad avere un posto preminente nella, nobiltà cittadina., tanto che Lodovico Migliorati, allora signore di Fermo, il 27 gennaio 1426 diede una figlia in isposa ad un figlio di Gabriele Brancuccio, discendente dal potente, tiranno.
Lo storico Lodovico Laurenzi dice che dalla diruta Chiesa di S. Basso fu tolta e collocata in casa Brancuccio, in rione Centro, la famosa lapide, dove era. inciso il noto distico:

URBS URBANA VOCOR MEA GENS URBANA VOCATUR '
ARMA INIMICA POTENS FULMINE PELLO IOVIS

adottato come divisa allo stemma, cittadino. La famiglia si estinse sul principio del 1600.
Arma: troncata d'azzurro e di rosso alla fascia d'oro sulla troncatura sostenente una branca di leone dello stesso in palo.

GALEOTTI: Poche notizie si raccolgono diquesta famiglia: sappiamo soltanto che era ricchissima ed imparentata con le patrizie cittadine. Valeria Galeotti nei 1553 andò sposa a Domenico Garulli, capitano delle Milizie di Cario V. Abitava nella contrada S, Giovanni. Lo stemma antico, come si ammira nella grandiosa scultura. Marmorea, ora, murata nell' atrio della casa che fu dei Fanelli, oggi sede della Propositura di S. Giovanni, può così blasonarsi: d'azzurro alla banda d'argento bordata d'oro e caricata da un giavellotto di rosso.  

GARULLI: Nel Territorio di Amandola trovasi, da epoca remotissima, la frazione " VILLA GARULLA ". Lo storico di Amandola, P. Ferranti, assicura che tale some veniva dal fatto che i Garulli, esiliati, da Firenze, dopo la famosa battaglia di Monteaperti (4 sett. 1260) dove valorosamente morì il conte Pancrazio Garulli di parte guelfa, figlio di Vanne, venuti nelle Marche al seguito di Carlo d'Angiò. che le attraversava per la conquista del regno di Napoli, li si soffermarono dando il nome a quella Villa. Secondo lo storico Barnabita Francesco Garulli del 700, questa loro famiglia discendeva da quella dei Galligai che Dante ricorda nel XVI canto del Paradiso (101-102) :
" .....ed avea. Calligaio
" dorata in casa sua già l'elsa e il pome ".
Saliti nel vicino Montemonaco, libero comune governato con proprie leggi, affiancarono ed aiutarono quei fieri e risoluti montanari a difendere la loro libertà. Una lapide trascritta dal conte Luigi Vinci, posta sulla porta di San
Giorgio di quel paese, ora abbattuta, diceva:

"Comit. Garulli pro liber. serv. Pop. h. t. " che il Vinci decifrò:
"Comitibus Garullis pro libertate servata Populi huius terrae ".

Vi eressero il loro castello, uno dei sette che difendevano il paese, il più basso, presso il così detto " Palazzaccio ", che fu dei Garulli, secondo le memorie del padre Ottaviani; acquistarono boschi e pascoli. L'oratorio dì San Giovanni fu loro.
Un marmo ivi murato ricorda i Garulli:

MCCCLXXXXI. Hoc opus fecit pietas Dominici Johannis Jacobi de Montemonacho cuius anima requiescat in pace. Amen.. Pontificatus PP. Bonifacii. Anno II.

Vi si conservano la pala d'altare del pittore Giulio Vergari di Amandola, rappresentante la "Vergine del Soccorso " con la scritta : " Virgilius Joannis Petri De Garullis sua prò devotìone fieri fecit MDXX ", e quella dell'" Immacolata " del pittore aquilano Cicchimus, MDLXXXX, dove è ritratto il committente conte Camillo Garulli, figlio del comandante Domenico, che essendo preposto ad una galea, veneta alla battaglia, di Lepanto, volle perpetuare il ricordo della vittoria, ed ove è dipinto l'antico stemma Garulli " di azzurro ai tré monti d'oro all'aquila incatenata d'argento ". Elevò anche, per voto, un altare nella Chiesa di San Benedetto.
Questo tempio, ingrandito ed abbellito, fu per voto unanime, destinato a conservare ed onorare la reliquia di San Benedetto, che è racchiusa in un braccio d'argento e posta sull'altare maggiore in una custodia di pietra, del cui cancello la famiglia Garulli detiene una chiave. Questa reliquia fu donata al popolo di Montemonaco dal conte Domenico Garulli che, partecipando all'assedio di Siena (1554) al comando di troppe di Carlo V, portò in patria questo ricordo devoto del Santo che il popolo Montemonachese elesse a suo patrono. Sopra l'altare maggiore vi è lo stemma Garulli e sotto questa iscrizione:

T. V. D. M. ET . D. BENEDICTI . ABATIS . GLORIAE . ET . HONORI . DEXTERO . CVIVS . BRACHIO . EX . SENENSI . BELLO
DELATO , A DO M IN I C O - GARULLI EIUS . PATRIA . AETERNA . MEMORIA . DONATA . EST . SIMONIS .
VOTO . FVLV . ET . VALERII . FILIORUM . COMITI S . GARULLI. NEPOTES (....) CUIVS PATROCINIO
MONACHENSIS - PATRIA . AC . PRAESERTIM . PRISCA . GARULLORUM . FAMILIA - TEGITUR . OB . PERPETUITATEM .
NOMINIS . EORUM . EX PROPRIO . AERE . HOC . FACIENDVM . OPVS . DEDICANDUNQUE . CVRARVNT '.

Lo statuto di Montemonaco, stampato nel 1628 a Macerata, nel ricordare l'avvenimento, stabilisce le cerimonie della festività. In questa chiesa nella cappella di S. Filippo Neri, fatta costruire dal capitano conte Nicola Garulli nel 1628, fu da lui anche eretta la Confratenita di S. Maria del Suffragio, che da Montemonaco ha promosso, nell'Italia centrale, la pietà verso i defunti. La romanica chiesa di S. Michele Arcangelo -fuori le mura, è beneficio di giuspatronato dei Garulli, ed altri ricordi dì loro Montemonaco conserva.
Il comandante coste Domenico aveva sposato Donna Valeria Galeotti della nobiltà Monterubbianese. in seguito di che due dei quattro figli, si stabilirono a Monterubbiano. Simone si sposò nel 1588 con Maddalena Trevisana De Segreti; e di Fulvio si sa che suo figlio Curio sposò Margherita Claudi, e fu il primo dei sei Podestà o Sindaci Garulli chiamati a governare il comune. Quindi s'innestarono di parentela con i Bennati, gli Onesti, Laurenzi Meci, ecc.
L'ultimo Garulli di Monterubbiano. fu Giovanni Bernardo (1828-1882) figlio del conte Niccolo (1802-1879) sindaco, patriota, rinnovatore del paese, il quale sposò Lucia Maria (1843-1917) figlia unica del conte Camillo Andrea, ultimo del ramo di Fermo. Così i due rami si fusero. Numerosi sono i personaggi di questo ramo. Oltre ai nominati basterà ricordare Clementio (1578-1633) podestà di Monterubbiano, Ascoli Piceno, Sanginesio, Macerata,Morrovalle, Orvieto, Osimo ecc., avvocato della Curia Romana, luogotenente civile e criminale a Montalto, commissario di tutte le Armate delle Marche, uditore gen. del Cardinale Principe Pio di Savoia.
Da Urbano XIII fu tatto commissario per gli affari di suprema, importanza. Il Cardinale Pio, venuto a trovarlo a Monterubbiano, fu ricordato dal comune col dare il nome di Porta Pia alla porta Marina, presso il Cassero. L'opera del Colucci parla di lui ampiamente.
Altri Garulli al servizio di Venezia, quali comandanti di troppe o organizzatori di armate per la Serenissima Repubblica e per le terre di Dalmazia si fecero onore. Francesco Filippo là ebbe un figlio, battezzato a Zara (1708); Luigi Maria (1722-1791) scrittore di teologia, illustre predicatosre, provinciale degli Agostiniani, visitatore in Sardegna, ecc.
Il nepote del detto Curio, Giovanni Battista (1629-1607) fu chiamato a Fermoa far parte del Consiglio di Cernita, nominato capo della Contrada. Fiorenza, abitata dalla colonia fiorentina, sempre diretta da cittadini originari di Firenze, e tale egli era. Nel 1681 ebbe "I patriziato fermano ereditario.
Egli acquistò il palazzo presso il santuario della Madonna del Pianto E, divenuto cittadino fermano, dette inizio al ramo Garulli di Fermo. Ultimo ne fu, come si è detto, il conte Camillo Andrea (1801-1889),figlio del conte Luigi che aveva sposato la contessa Lucia Spinucci di Milano (1789); nipote di Chiara Maria Rosa, che, nominata contessa di Lusazia fu moglie di S.A.R. il principe Saverio Augusto di Sassonia, reggente lo stato per la minore età del rè, il quale per l'affetto che lo legava ai Garulli, tenne al fonte battesimale il detto Camillo Andrea, mentre il cardinale Domenico Spinucci, arcivescovo di Benevento, zio della principessa Chiara e di Lucia Spinucci Garulli, aveva nominato quest'ultima esecutrice testamentaria delle sue volontà. La figlia di Camillo Andrea, che aveva sposato la marchesa Lavinia Trevisani, fu chiamata. Lucia Maria in omaggio alla nonna, ultima di questo samo e sposò Giovanni Bernardo (1866) ultimo del ramo di Monterubbiano.
Anche questo ramo può vantare personaggi rimarchevoli, fra. cui il Padre Camillo, che nella repubblica letteraria ebbe un posto eminente. Rappresentano oggi la Casa il Conte Ernesto, figlio dell'anzilodato Co Giovanni Bernardo (1828-1882), ed i suoi discendenti nonché quelli del fratello. Co. Guido, che mori in Firenze il 23 gennaio 1931.
Lo stemma ed il motto furono identici ai due rami di Monterubbiano e d: Fermo. Esso è : " Troncato alla fascia di rosso sulla troncatura carica di tre stelle d'oro : il i1° d'oro, alla ruota di rosso uscente dalla fascia e sostenente un gallo al naturale; a 2° d'azzurro al monte di tré cime liana d'oro uscente dalla punta "

L'antico motto: UBI PAS IBI VIRTVS.
Distinzioni onorifiche furono conferite a queste due famiglie dai comuni di Fermo. Recanati, Ripatransone, Ancona, Castelfidardo, ecc.


GARULLI de Castro Guardiae: Ne dobbiamo parlare per illustrare il loro stemma, che figura nella tavola.
Valerio, fratello di Simorse e di Fulvio, che si stabilirono a Monterubbiano,. diede origine ad un altro ramo di questa antica famiglia che prese stanza. a Carassai (già Castrun Guardiae.}.
Da esso sortirono Pancrazio, nato nel 1580. celebre condottiero, presenti: con i suoi armati in quasi tutte le battaglie delle Marche, dove fece rifulgere il suo valore, e Filippo Antonio, che viveva verso il 1775 e fu buon poeta.
Arma: di rosso al monte all'italiana di tre cime d'oro, uscente dalla punta., accompagnato in capo da un gheriglio di noce dello stesso.

LAMPONI: La famiglia è originaria di Montefortino, dove fin dal 1200 godeva i massimi onori della Comunità. Il primo che si conosce fu un Bartolomeo Lamponi. Tullio Lamponi fu aggregato alla nobiltà fermana nel 1555, e Giuseppe fu Cavaliere di S. Stefano. La famiglia si suddivie quindi in vari rami, uno dei quali si stabili a Monterubbiano circa
il 1608. Nel 1657 viveva Filippo Senior, che venne fatto Capitano delle Mi Ha" pontificie nel Presidiato di Montalto Nel 1730 Luigi Saverio fu creato Fiscale di Mons. Caraffa, Preside di Montalto nella prepositura. di questo luogo. Filippo Junior e suo figlio Gian Girolaino, furono onorati del titolo di Capitani delle Corazze di Monterubbiano. Con quest'ultimo si estìnse la linea maschile di questa famiglia. La sorella Caterina, andò sposa al Signor Nicola Palmucci di Offida, il quale assunse il cognome di Palmucci Lamponi e si stabilì a Monterubbiano.
Innalzava uno stemma, d'azzurro al monte all'italiana di tré cime
Quest'ultimo stemma si vede pure inquartato col primo nella casa Palmucci-Lamponi.  

LAURENZI: Vuole la tradizione che un Laurenzo Laurenzi capitanasse una schiera di concittadini alla seconda Crociata (1147) e morisse in Terrasanta. Un suo discendente, omonimo, morì a Venezia nel 1437. La salma fu riportata in patria e sepolta nella vecchia, abside della chiesa di S. Francesco, dove nella grande pietra tombale si legge :

HIC JACET EGREGIUS VIR DNS LAUREXTIVS DE LAURENTIIS DE MONTEROBIANO Q. OBIIT VENETIIS MCCCCXXXVII
ET DIE XVII MENSIS NOVEMBRIS

Un Cola Laurenzi si trova nominato in censimento del 1525. Lodovico Laurenzi, mentre era Cancelliere a S. Vittoria, (1619) pubblicò a Macerata (tip. Martellini e Amazzini) una ' Breve relazione dell'antichità et essere di Monterubbiano " dedicata ai Priori della Comunità, '(ripubblicata a Monterubbiano dal Tip. Lucchetti 1890 .
La famiglia è estinta.
Stemma: d'argento alla croce biforcata di rosso. Ciò che convaliderebbe la partecipazione alle Crociate di qualche antenato.

MECI: Nell' archivio della Parrocchia prepositurale di San Giovanni Battista ed Evangelista di Monterubbiano esiste l'albero genealogico di questa nobile famiglia.
Il primo nome datato è Girolamo nato i Aprile 16^5. figlio di Lucio e nipote di Girolamo.
Nel libro di Cernita del patrio consiglio (1610 - 1617) a pag. 12 troviano un Hercolano Meci, e a pag. 217 (1616) leggiamo :. Et Geronimi Meci; sempre nella detta Cernita (1634 - 1644) a pag. 145 troviamo ancora il oCap. Francisco Maria Meci.
Altre notizie di questa famiglia non sono note. Essa si estinse con le sorelle Lucia, che sposò Niccolo Garulli del Conte Clementino nel 1828 e Maria Loreta che nel 1823 aveva sposato Benedetto Mircoli. padre del noto intagliatore e intarsiatore Gaetano.
Ultimo dei Meci (1802-1872) risulta il Cav. Giuseppe Maria, che molto s interessò delle cose cittadine.
Arma: d'azzurro alla fascia d'argento accompagnata in punta da un monte di tré cime all'italiana d'oro ed in capo da. una stella d'argento.  

MORICI: Nell'archivio diplomatico conservato nella, biblioteca di Fermo (pos. Monterubbiano) si conserva la famosa pergamena nella quale è registrato il contratto di pace tra Fermo e Monterubbiano, dopo la disfatta subita da quest'ultimo nel 1182.
In essa a legge l'elenco delle 50 famiglie primarie che Monterubbiano dovette cedere a Fermo, fra cuiben cinque Morici.
Altri rami però rimasero 2. Monterubbiano, dove ne troviamo notati alcuni mèmbri nel catasto e fra i maggiorenti della Comunità. Quel Vanno Vanni da Monterubbiano, che nel 1396 i Fermani inviarono Ambasciatore a Papa Bonifacio IX e che fu poi mandato da Andrea Tornaceli, fratello del Papa e Rettore della Marca, due volte Podestà a Macerata (1398-1402), apparteneva alla famiglia Morici. Secondo lo storico fermano Filippo Eugenio Mecchi, il capostìpite dì questa famiglia. sarebbe stato un Morico, signore di S. Elpidio Morico e di Monsampìetro Morico.
Gian Battista Morici fu uno dei dodici statutari che nel 1538 riformarono lo Statuto cittadino.
Poco dopo egli si stabilì con la famiglia nella Città di Fermo. I suoi figli nati a Monterubbiano (come risulta dall'albero genealogico conservato in Pievania), raggiunsero vasta, rinomanza: Marcantonio (1558) letterato, matematico, oratore ci fama, professore nelle Università, di Fermo e di Padova; Ruggero (1575) Colonnello Imperiale in Dalmazia e Schiavonia; Mons. Niccolo (1578) fu Pievano a S. Benedetto, indi Prelato nella Curia Romana; elegante verseggiatore latino, pronunciò un dìscorso al Concilio di Trento.
Conservarono vaste possidenze nel territorio Monterubbianese e fu un Abate Nicolo Morici che nel 1588 eresse la Chiesa rurale dedicata alla Presentazione di Maria Vergine (volgarmente detta Chiesa Nova o di S.Isidoro), tuttora officiata.
Il loro palazzo era nella contrada S. Nicolo. Famiglia ricchissima fu aggregata, alla Nobiltà cittadina di Monterubbiano, di Tolentino, di Ripatransone. al patriziato di Fermo e fu decorata del titolo di Marchese in persona dì Nicola (1829). Si estinse nel 1915 in Tolentino con la persona del Marchese Pierino Morici.
Arma: troncato da una rascia di rosso: il 1° d'azzurro alla cometa d'oro in banda; il 2° d'oro alla testa di moro attorcigliata d'argento.  

ONESTI: E' noto che questa famiglia appartiene alla più alta Nobiltà d'Italia. Fioriva in Ravenna fin dal più oscuro medio Evo, derivata dai Duchi del Friuli e dai Duchi di Benevento, di cui un Grimoaldo diventò poi Re dei Longobardi. Della loro stirpe fu S. Romualdo, il celebre fondatore dei Camaldolesi, ed il Beato Pietro, che per umiltà e per disprezzo dei beni terreni volle esser chiamato Pietro Peccatore, di cui parla Dante nel Canto XXI del Paradiso.
S'ignora per quale motivo il ramo di questa illustre famiglia, se per rovesci di fortuna o di guerra nel secolo XV sì trasferisse a Monterubbiano. Fatto è che attorno al 1460 troviamo qui un Antonio di Stefano Onesti, il quale è detto per primo habitator Montis Rubiam in Piceno. Suo figlio Stefano fu uno dei dodici Statutari che il Consiglio Generale elesse per la rinnovazione degli Statuti (1538). Fu figlio di costui Ser Orfeo, che fra. il 1553 e il 1562 fece fabbricare in piazza il grandioso palazzo, dalle classiche linee del più puro rinascimento. Sopra la finestra di mezzo si vede ancora, issato lo stemma gentilizio, ormai indecifrabile: d'azzurro al monte all'italiana dì tre cime d'oro uscente dalla punta e sostenente un leone dello stesso: alla banda di rosso attraversante (altrove è sormontato da una stella); timbrato daun élmo a visiera calata., sotto cui la superba iscrizione : ex longobardorum Regia progenie et Ducum Ravennae ad de Comitatibus Saxi.
L'altare gentilizio e la tomba di famiglia furono fatti costruite dallo stesso Ser Orfeo, nel tempio di S. Francesco, mentre gli Onesti appartenevano alla parrocchia di S. Giovanni. La famiglia si spense in linea maschile col Cav. Bonifazio (1786) ed in linea femminile con le due figlie, Orsola (1818) maritata al Conte Ferdinando Fanelli di Ancona che fu, in seguito a onesto matrimonio, naturalizzato Monterubbianese, ed Angela, sposatasi al dott. Icilio Calzecchi di Pausala (allora Montolmo ed oggi Corridonia). Da loro nacque il Prof. Temistocle Calzecchi Onesti, che con la invenzione della conduttività elettrica delle limature metalliche (coherer) assurse a fama internazionale.  

PACCARONI: Nei libri municipali, si trovano menzionati fin da sec. XVI alcuni personaggi di questa famiglia che presero parte alla cosa pubblica-Nel 1525 è citato un Cola Paccarone, che nel secolo seguente si trasferì a Fermo, ove venne aggregato a quella nobiltà e s'imparentò con le primarie famiglie. Vari illustri suoi personaggi sono ricordati dall'Ughelli nell'Italia Sacra e dallo storico Fermano Erioni nel tomo XIX del suo manoscritto. La famiglia, alla quale si deve la costruzione della bella Villa sul Girfalco. su disegno dell'arca. Giov. Batt. Carducci, si estinse a Fermo nel 1800.
Arma: troncato da una fascia di rosso: il 1° d'argento al leone nascente di...; il 2° d'azzurro a tre bande d'oro.  

PAGANI: Il primo personaggio di questa illustre famiglia, di cui resti notizia, è il Console Tebaldo, che insieme ad altri cittadini firmò la nota convenzione di pace con Fermo nel 1182 rinnovata nel 1200, oltre che dallo stesso Tebaldo. anche da Leonardo, Rinaldo ed Andrea, tutti Pagani.
Bisogna poi arrivare nella fine del 400 per vedere, con Giovanni Pagani, pittore ed umanista, rifiorir la famiglia. Di lui si conserva una tela nella Chiesa di S. Agostino di Fermo, rappr. la Madonna del Soccorso ed un'altra dello stesso soggetto, attualmente esposta nel Museo di Montpellier, firmata Iohannes de Munti Rubiano pinxit.1505. Fu uno dei riformatori degli Statuti nel 1538.
Suo figlio Vincenzo (i490?-1568) assurse ad alta fama nella pittura (pictor approbatus) e lasciò molte opere nelle chiese delle Marche e dell'Umbria. Iniziatesi alla scuola del padre, seguì dapprima la maniera delCrivelli, ma si volse più tardi verso la scuola di Raffaello. di cui vuolsi anzi sia stato allievo. Suoi dipinti si conservano nella Pinacoteca di Brera a Milano, in quella Vaticana, e nelle regionali di Fermo, di Macerata, di Ascoli, di Sarnano ecc. Altre opere sono emigrate all'estero. A Monterubbiano donò la grande tela dell'Assunta, destinata primitivamente alla chiesa dell'Annunziata di Firenze, e ed ora ornamento principe nell'altare maggiore della nostra Collegiata, nella cui Sacrestia si conservano varie altre sue deliziose tavolette.
Lattanzio suo figlio (i5i5?-i582) seguì degnamente le orme paterne e lasciò varie importanti pitture a Perugia, dove risiedè a lungo. Nella stessa Collegiata di Monterubbiano si ammira di lui una tela della Crocifissione.
Ebbe parecchi figli, dei quali emerse in gran rinomanza Mons. Paolo (1543 - 1602). Questi prima ancora, di ottenere la laurea dottorale a Perugia nel 1567, fu pievano della sua patria, ìndi uditore del Card. Montalto, che fu poi Sìsto V, Visitatore Apostolico per la Diocesi di Fermo e professore di filosofia, in quella Università, Vicario Generale, di S. Cado Borromeo a Milano, e Vicario anche a Città di Castello, Protonotaro Apastolico di Urbino. di nuovo visitatore per la Diocesi di Bologna e di Marsico in Basilicata. Spese ingenti somme per la erezione (1600) della Chiesa rurale del SS. Crocifisso a M. Rubbiano, disegnata in grandiose linee monumentali ed adorna di affreschi. di ori, di stucchi, ma rimasta, incompiuta a causa della sua morte avvenuta a soli 50 anni il 10 febbraio 1602. Con luì la nobile famiglia si estinse. Lasciò erede universale delle sue pingui sostanze la Confraternita del Crocifisso, da lui stesso fondata per la prosecuzione del tempro, ma essa, tuttora, esistesse e facoltosa, ha lasciato il tempio nel più lacrimevole abbandono.
La famiglia Pagani apparteneva, alla parrocchia di S. Giovanni ed aveva casa nel rione di Torno, verso Porta Nuova. Ma Bruto Pagani, primogenito di Lattanzio, sullo scorcio dei Secolo XVI iniziò la fabbrica di un grandioso palazzo nel centro, dirimpetto alla Chiesa di S. Francesco, poi per la sua morte (1586) rimasto incompiuto. Il Municipio nel 1863 lo ridusse a teatro.
Arma: d'azzurro alla sbarra d'argento caricata da due crescenti d'oro accostata, da due stelle ed accompagnata da un monte all'italiana di tre cime uscente dalla punta il tutto d'oro.  

PAGLIAROTTI: Mancano le notizie su questa famiglia, perfino sul quartiere di sua abitazione. Rimane soltanto la lapide sepolcrale sulla tomba gentilizia in S. Francesco.
Arma: d'azzurro al monte all'italiana di tré cime d'oro uscente dalla punta e sostenente due ramoscelli dello stesso accompagnati in capo da una stella d'oro.  

RICCI: Scarsissime notizie si hanno di questa famiglia, che pure dovette godere di alta reputazione ed era elencata fra la nobiltà cittadina.Vuolisi avesse legami di sangue con i Ricci di Fermo, da cui sortì il celebre Ostilio Ricci, Maestro in matematiche di Galileo Galilei. Abitava neli popoloso rione dì Còccaro ed apparteneva alla parrocchia di S. Lucia.
Arma: d'azzurro al monte all'italiana di tré cime d'oro uscente dalla punta e sostenente un riccio d'argento.  

SECRETI: Questa nobile famiglia trae origine da Secreto Secreti, il cui figlio Francesco nel 1300 figura tra i gonfalonieri e priori della sua patria. Unico era da principio il casato ma, verso il 1650, si suddivise in sette rami dei quali, oggi, ne sopravvivono due solamente. Diede alla. patria molti personaggi distintisi e nelle armi, e nella toga, e nella. Chiesa. Arcangelo fu Alfiere delle truppe pontificie, e, nel 1631, accompagnò la regina Anna Maria d'Austria sposa, di Ernesto figlio dell'imperatore Ferdinando II: Pietrangelo fu dottore di leggi e podestà di Monterubbiano nel 1700; Bernardo, capitano al servizio della Serenissima, Repubblica di Venezia, fu aggregato, per le sue grandi virtù, alla cittadinanza veneziana; l'abate Erasmo ottenne, nel 1673 la stessa onorifica distinzione; il dott. Giuseppe Maria dal 1697 al 1725 ricoprì alte cariche a Civitavecchia, a Viterbo, a S. Severino. a Norcia, a Camerino ed a Fermo, per elevarsi quindi a sottouditore del Torrone di Bologna, e ad avvocato fiscale della Rota Criminale di Genova; Don Alessandro fu nel maggio 1720 creato da Papa Clemente XI monsignore e protonotario apostolico.
Nel novembre del 1654. a petizione dei fratelli D. Regolattilio, D.Uriano, D. Erasmo e Bernardo Secreti, il consiglio comunale di Monterubbiano concesse loro il permesso di costruire sopra l'antico cassero, da tempo abbandonato, una fabbrica ad uso di abitazione civile, non solo a proprio comodo, ma anche ad abbellimento ed onore della patria. E' que-sto ancor'oggi il palazzo Secreti un tempo magnifico, ornato di grandiosi saloni e di un gran parco, oggi lasciato in abbandono, per essersi la famiglia trasferita a Roma e non possedendolo più che in pane. n palazzo Secreti sorge nel rione di Tomo a Porta Nuova; e la famiglia apparteneva alla parrocchia di S. Giovanni.
Si deve al Cav. Francesco Saverio Secreti (1793-1571), per lungo tempo sindaco di Monterubbiano ed attivissimo zelatore della cosa pubblica ed al conte Niccolo Garulli il radicale rinnovamento del paese (ciò avvenne dopo il 1860) con la costruzione del teatro ed i progetti per il nuovo camposanto ed il giardino pubblico, realizzati dieci anni appresso, che cambiarono M. Rubbiano da rozzo borgo medioevale in una vera moderna cittadina.
La famiglia Secreti godette nobiltà in Camerino (1717) e fu aggregata alla Nobiltà di Montalto nel 1788 con la persona di Vincenzo Secreti e suoi discendenti in linea maschile e femminile. Si legò in parentela con le varie famiglie patrizie di Monterubbiano, di Fermo, di Montalto, etc. quali: gli Onesti, i Garulli, i Ricci, i Lamponi i Guidi, i Gentiloni, ecc. Rappresentano oggi la Casa. il Nobile Francesco Saverio (di Umberto di Francesco Saverio di Frascesco Saverio di Vincenzo ed il Nobile Riccardo (di Luigi di Francesco Saverio di Vincenzo) con i figli Luigi Maria e Fausta Vittoria., la quale sposò in Siena il 12 luglio 1039 il Marchese D.Luciano G. Moricca.
Arma antica quale appare dalla tavola del 1621 : d'azzurro al monte all'italiana di tré cime uscente dalla punta e sostenenti; un leone fissante una stella posta nel cantone destro del capo: il tutto d'oro; alla banda attraversante dello stesso.
Arma moderna: d'azzurro al monte all'italiana di tre cime uscente dalla punta e sostenente un Icone accompagnato in capo da tre stelle male ordinate: il tutto d'oro: alla sbarra di rosso attraversante.  

SILVESTRI: Di questa famiglia rimangono notizie sommarie. Aveva casa nella contrada Tomo e apparteneva alla Parrocchia di San Giovanni. Si trasferì a Fermo nel secolo XVII. Va ricordato il grande patriota Cav. Camillo (1808-1876) che prese parte attiva ai movimenti rivoluzionari del '31, e dal '45 al 1860.
Nella facciata della, casa quattrocentesca al Corso in Monterubbiano, poi passata agli Aracinti ed ai Nicolini, e attualmente dei Palliarmi, appare ancora lo stemma, gentilizio: d'azzurro alla banda. d'oro caricata di tré monti all'italiana di tré cime ciascuno di... ed accompagnata da due stelle una in capo ed una in punta.  

STELLA: Non ci sono pervenute notizie di questo, famiglia. Abitava nel popoloso quartiere di Còccaro e dipendeva dalla Parrocchia di S. Maria dell'Olmo. Innalzava uno stemma azzurro alla stella, d'argento posta in capo, come si rileva dalla tavola a colori anzicennata.  

 

Per notizie sulla città di Monterubbiano :

http://www.portaleitalia.net/monterubbiano.htm
http://www.provincia.ap.it/comuni/index.asp?IdComune=44047

 

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