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Liszt nel Piceno

Un soggiorno tra riposo e meditazione

di Tiziana Capocasa (*)

 

Listz nel Piceno Prodromi di un respiro europeo nella vita culturale del Piceno si evidenziano già nella seconda metà dell'Ottocento.
A quei tempi Grottammare è un luogo di villeggiatura rinomato che attira artisti, scrittori e musicisti anche per merito di una nobità illuminata nelle arti ed operosa negli affari che apre le porte delle storiche dimore a personaggi illustri.
"Le sei settimane a Grottammare resteranno per me uno dei migliori e più dolci ricordi della mia vita". Così scrive Franz Liszt il 7 settembre del 1868 da Roma al suo padre spirituale, don Antonio Solfanelli, con il quale aveva trascorso una villeggiatura sul piccolo porto dell'Adriatico, dall'11 luglio al 29 agosto, ospite del conte Fenili. Già all'epoca la località rivierasca, patria di Sisto V, si era conquistata una discreta fama come stazione di cura e soggiorno e copiosi vi giungevano nobili e scrittori per prendere bagni, nello stabilimento dei fratelli Rivosecchi, segunedo una moda salutista che si stava diffondendo dalle spiagge dell'Atlantico: Dinard, Biarritz dove addirittura Napoleone aveva fatto costruire per la sua amata Eugenia una villa in riva al mare a forma di " E".
Così l'abate Solfanelli sceglie il lido piceno per rimettersi in salute e Liszt, che da poco aveva preso i voti, finisce per accompagnarlo approfittando della breve vacanza per imparare a leggere il breviario. "A torto o a ragione ? confessa il musicista all'amico Anton Augusz? non ho saputo rifiutare a Solfanelli, che era stato fortemente provato da una lunga malattia questo inverno e reso malinconico all'eccesso, di tenergli compagnia durante la sua convalescenza".
Sovente i due amici, seduti su una vecchia barca adagiata sulla riva, leggono Vespro e Compieta e "il mormorio delle parole bibliche si mescolava col rumore delle onde" in armonia meravigliosa. Sulle rive dell'Adriatico Liszt trova un'accoglienza magnifica, come racconta nelle sue numerose lettere che invia da Palazzo Fenili al suo editore parigino, al principe Ludwig di Baviera e alla principessa Carolyne Wittgenstein.
Nelle missive inoltrate all'amica principessa si sofferma sui particolari. "Mi trovo come meglio non si potrebbe, stabilito, curato e vezzeggiato, in una parola perfettamente libero di vivere a modo mio, senza alcun disturbo da parte dei miei ospiti. Aria eccellente, vista panoramica sul mare, le colline e le scogliere, soggiorno comodissimi e di una temperatura piacevole. Il vitto è sano e abbondante, passeggiate in battello, in carrozza e a piedi, compagnia affabile, discreta e cordiale della famiglia dei conti Fenili".
In un'altra lettera non tralascia di descrivere ciò che mangia, lui che si accontenta di una pannocchia abbrustolita che gli ricorda la sua infanzia nella putza ungherese.
"Qui mi si testimoniano tutte le attenzioni immaginabili che si traducono in costolette, bistecche, barbabietole, fichi, eccetera". A completare l'idilliaco soggiorno (strano a crederci!) l'assenza del pianoforte. Il giorno dopo il suo arrivo, Liszt comunica a Carl Gille: "Il principale vantaggio di questa villeggiatura è, a mio avviso, l'assenza totale del pianoforte. Gentilmente peraltro mi è stata offerta la disponibilità di uno strumento da sistemare nel mio alloggio. In proposito, però, ho subito opposto un fermo rifiuto. Voglio evitare che le tranquille abitudini di Grottammare siano turbate per colpa delle mie mani, molto più voglio trascorrere un pò di tempo senza strumenti rumorosi". Alla notizia della presenza del musicista le famiglie più ragguardevoli del circondario mandano inviti a profusione pur di averlo ospite ed ascoltare le sue celebri melodie. Oltre al conte Fenili che aveva da poco avviato una filanda a vapore, ad accogliere il celebre musicista c'è, in quell'estate piacevolmente temperata, una nobiltà illuminata nelle arti ed operosa negli affari, che aveva fatto conquistare a Grottammare la nomea della "Liverpool dello Stato Pontificio". I Laureati, gli Speranza, i Corni fanno a gara per accoglierlo nei loro palazzi, ahimé, dove non manca il pianoforte. Tanto che il maestro finisce per suonare a quattro mani il Boisselot nel palazzo Laureati, insieme alla marchesa Caterina, provetta pianista. Figlia dei conti Stracchi di Loro Piceno, la giovane era andata in moglie, appena ventenne, al marchese Camillo Laureati. Bruna e minuta, dal fascino gitano, la donna possiede un forte temperamento e profonda cultura tanto da attirare le attenzioni del famoso musicista che invia a "madame la marquise", tramite il suo fedele servo Fortunato, bigliettini a ripetizione. Cosa ci fosse scritto, oltre alle solite frasi di cortesia e ringraziamento, non è dato saperlo. Purtroppo restano solo le buste, mentre il contenuto è misteriosamente sparito.
Benché vesta l'abito talare, l' "abbè Liszt" come si firma nelle sue lettere da Grottammare, resta sensibile al fascino femminile. Nonostante il valzer di ricevimenti e feste date in suo onore, il grande pianista e compositore che sta vivendo una fase mistica, non si lascia irretire dai piaceri mondani. "Un tempo ne convengo, mi veniva, di tanto in tanto, qualche ventata di vanagloria?scrive alla principessa Carolyne? ora non mi attirano più successi, né distrazioni, né onori di alcun genere... Se avessi la possibilità di scelta, vivrei in qualche campagna lontana dalla ferrovia e a debita distanza dalle relazioni sociali". Ed aggiunge in una lettera successiva: "procuro così ai miei giorni, in perfetta tranquillità di coscienza, la pace e la soddisfazione che sono mancati alla mia giovinezza". Durante il soggiorno a Grottammare, Liszt stringe amicizia con il violinista Marco Speranza, con Vincenzo Corni, esponente della classe industriale, e la moglie Agnese Englefield, nobildonna inglese.
A Palazzo Laureati conosce il marchese Pietro, violoncellista di grande fama, amico di Beethoven, Spontini e Rossini, il quale alla sua vista non regge all'emozione, ricordando la brillante carriera, tanto da cadere in un pianto a dirotto. Con il musicista Marco Speranza e con il fratello, lo storico Giuseppe, il celebre pianista si intrattiene spesso alla Vedetta Picena, cenacolo di arte e di cultura. In questo luogo di meditazione Liszt, tra un concerto e l'altro "al chiaro di luna" per pochi intimi, non disdegna di sorseggiare il Vinsanto, vino dolce e liquoroso che i fratelli Speranza si fanno venire appositamente, per l'illustre ospite, da Ripatransone che Liszt visita, a più riprese, nelle sue gite in carrozza.
Nel ritiro di Grottammare, Liszt mantiene una fitta corrispondenza. Destinatari delle sue missive la principessa Carolyne, i suoi amici: Carl Gille, consigliere di Giustizia a jena, Anton Augusz, un tempo vice presidente del Governo ungherese, l'editore Repos. Scrive anche al re Ludwig di Baviera, per invocarne, proprio nel giorno del compleanno di sua Altezza, la protezione in favore dell'amico Wagner che gli aveva dedicato i Nibelunghi, a suo giudizio massima espressione dell'arte del XIX. Nell'occasione Liszt dedica a Wagner la sua Leggenda di Santa Elisabetta, definita con modestia "umile piantina di valle sbocciata all'ombra delle vette risplendenti dei Nibelunghi". Dal castello di Berg il sovrano risponde così: non potevate farmi piacere più grande che regalarmi un'opera le cui sublimi bellezze mi hanno più volte entusiasmato". Nella tranquillità della sala Gialla del Palazzo Fenili, Liszt trova l'ispirazione per comporre il Mihi autem adherere, un Offertorio in onore di San Francesco.
Prima di fermarsi a Grottammare, Liszt, partito da Roma il 1° luglio, in compagnia del suo padre spirituale, aveva raggiunto tramite strade impervie Spoleto e successivamente Cascia ed Assisi. Quindi il 7 luglio aveva fatto tappa nelle Marche, a Fabriano dove vivevano i familiari del Solfanelli, e dopo una sosta di alcuni giorni a casa del professor Pandolfi, i due ecclesiastici si erano recati, il 10 luglio, in pellegrinaggio a Loreto. Se nella patria di San Francesco, Liszt resta inebriato dalle pitture di Giotto e Cimabue, a Loreto alza gli occhi al cielo e si affida alla Madre, protettrice dei cuori inquieti. "A Loreto - scrive al barone Anton Augusz ? la devozione assorbe l'arte.
Là occorre pregare senza troppo guardare, a rischio stesso di fare torto a qualche scultura pregevole del Sansovino".
Ad accoglierlo nella basilica lauretana c'è l'abate La Tréche, bizzarro cappellano francese, che Liszt aveva conosciuto circa 30 anni prima a Parigi. Non appena il musicista esprime il desiderio di scorrere qualche partitura del maestro Vecchiotti, i cantori in suo onore, eseguono 1'Ave Maris Stella del compositore marchigiano, scomparso qualche anno prima, tenuto in grande considerazione negli ambienti vaticani proprio per quella sua composizione definita da Liszt: "una bella barcarola, dal gusto rossiniano".
Giuseppe Vecchiotti, nato a Castelclementino, l'attuale Servigliano, era stato direttore della Cappella di Loreto per oltre vent'anni ed aveva raggiunto una certa notorietà grazie all'Ave Maris Stella che veniva cantata nella chiesa di S. Maria Maggiore e di S. Salvatore in Lauro, a Roma, nella ricorrenza della traslazione della Santa Casa. Le tappe nei diversi luoghi dello spirito, in quell'estate del 1868, non fanno che rafforzare in Liszt la sua fede ed il desiderio di condurre una vita, in umile spirito francescano. Prima della partenza per Roma, il 29 agosto, Liszt così riepiloga il suo soggiorno nel Piceno: "Ringrazio Dio di questi due mesi di tranquillità e semplice contentezza.
Lo scopo principale del mio viaggio era di mettermi al corrente del breviario e Solfanelli ha reso in ciò degli eccellenti servigi e comincio a leggere in modo passabile gli uffici.
É sufficiente una simile occupazione per ben vivere e ben morire! Del resto non posso che essere soddisfatto dei miei ospiti a Grottammare che, fra parentesi, non chiederebbero nulla di meglio che trattenermi più a lungo. Ho promesso loro la mia visita il prossimo anno ad un qualche ritorno dalla Germania o dall'Ungheria".
Contrariamente alla promessa fatta, Liszt non fece più ritorno sul lido piceno, pur conservando un piacevole ricordo delle sei settimane a Grottammare.  

(*) Giornalista e scrittrice. Collabora al quotidiano II Messaggero, edizione Marche. E' autrice di diversi saggi di storia locale tra cui Ricordi di villeggiatura. Cento anni di bagni sulla Riviera Picena 1860?1960, Andrea Livi editore (1996); Liszt nella Grottammare dell'Ottocento, Andrea Livi editore (1998); Liszt ? Lettere da Grottammare, Comune di Grottammare (2000). Insieme a Luciano Chiappari ha scritto Liszt francescano tra Umbria e Marche, Stamperia dell'Arancio (2000). Ha redatto Agenda Donna della Regione Marche (1993) e le guide Andar per vino nelle Marche per conto dell'Associazione Nazionale "le Donne del Vino". Ha curato un saggio introduttivo per il catalogo del XXX Concorso pianistico internazionale ? Città di Senigallia (2001).

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